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︎︎︎             Biblioteca STOÀ                                         STOÀ 2. Disegni




Una lezione sul disegno

Franco Purini

2007


Lezioni disegnate



Trentadue tavole al tratto in bianco e nero. Una sequenza di trenta disegni che ci mostrano, dal loro interno, il significato di altrettante azioni progettuali sapientemente radunate, nominate e rappresentate in una sorta di sospensione metafisica. Sono le metafore che Franco Purini aveva disegnato per una personale all’Accademia di Brera a Milano (1993) e che si susseguono tra le pagine di questo prezioso libro: una lezione sul disegno. In un certo senso, verrebbe quasi naturale definirla come una lezione attraverso il disegno; è senz’altro questo l’obiettivo del suo autore. Un titolo non di certo casuale, che apre ad un interrogativo necessario, se non cruciale, per la disciplina del progetto. Ogni tavola è nominata con un verbo all’infinito che indica una particolare azione, ogni disegno ne produce una figura mai definita in una rassicurante espressione iconica. Queste, piuttosto, sono immagini in movimento, che prendono vita attraverso le inquietudini del suo creatore. Sfogliando le pagine del piccolo libro di Purini, si capisce subito come i segni sapientemente disposti sulle tavole non accompagnino solo le parole: sono loro il vero soggetto del saggio. È lo stesso autore a dare questa interpretazione del suo lavoro che, sinteticamente, raccoglie gli esiti di una lezione tenuta alla Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno nel 1994: «l’intera serie [di disegni] può essere considerata come un libro che ha una copertina, il primo disegno, trenta pagine e il retro». Con questo libro, Franco Purini non ci propone solo una rassegna di opere grafiche di straordinario valore, ci invita a costruire una riflessione sulle tecniche del progetto di architettura, su Come si agisce. Questo, infatti, è il titolo della prima tavola che apre la serie e che sembra porci una questione metodologica fondativa. Una teoria disegnata che avvicina il carattere di questo breve, ma intenso libro, a quello di una sorta di trattato d’architettura. Per Purini, infatti, «l’architettura non sa sopravvivere senza misurarsi con la dimensione ampia del “trattato”, fosse anche quella di un trattato in formazione […] frammentario e contraddittorio»[1]. È quello che ricorda Gianni Contessi, quando descrive il pathoscontenuto in queste opere grafiche come il risultato di una stratificazione semantica di significati. Attraverso il disegno, Purini ci propone una riflessione su alcuni principi/strumenti più generali della composizione; è il rapporto tra le forme lo spazio ad essere indagato, rivelato in una dialettica che oscilla sapientemente tra figure pittoriche e forme architettoniche, profondità spaziali e campiture bidimensionali, luci e ombre. Il debito e l’analogia con la drammaticità di alcune delle visioni di Piranesi – come ricorda Contessi e lo stesso Purini, in alcuni suoi passaggi – è evidente.
Franco Purini è unanimemente riconosciuto come uno tra i più importanti maestri italiani del disegno. I disegni raccolti in questa pubblicazione – straordinari e ineguagliabili per espressività e intensità concettuale – appaiono come il manifesto del suo pensiero: la sua lezione di architettura. Non sorprende, in questa prospettiva, la dedica che l’autore rivolge al suo maestro, Maurizio Sacripanti: una figura che – come ricorda l’autore stesso – è stata decisiva per la comprensione di quella difficile ma straordinaria relazione che sussiste tra disegno e progetto.
Prima di condurci nello spazio tra le tavole, Purini introduce la sua lezione parlando del rapporto che ha con il disegno, collocandolo nella prospettiva teorico-pratica del progetto. Il disegno coincide con il formarsi del pensiero, è il luogo in cui la forma appare[2]. L’autore adopera questa espressione, ricordandoci come il disegno non possa essere identificato o relegato a una sola funzione rappresentativa, a posteriori. L’apparizione e la rappresentazione portano con sé il valore dell’interiorità, del viaggio, della scoperta, della rivelazione. In questo senso, il disegno coincide con la costruzione stessa del pensiero, è «il luogo esclusivo della sua esistenza»[3]. Nella prospettiva teorica della sua riflessione, Purini ci parla dell’esperienza fisica del disegno: non dimentica di citare i tipi di supporto utilizzati, i formati, gli inchiostri. Questi disegni non sono il prodotto di un processolineare, meccanico, matematico di produzione. Sono il risultato di un procedimento ricco di narrazioni, soglie. E i significati, come ricorda il filosofo Byung-Chul Han, «si sviluppano solo mediante attraversamenti e soglie, anzi mediante resistenze»[4]. Per Purini, l’esperienza fisica del disegno è un’esperienza di soglie: il foglio registra la stratificazione dei segni, le rinunce, i pentimenti di un percorso non lineare e, talvolta, addirittura contraddittorio, imprevisto. In un epoca sempre più lontana dalla necessità dei supporti materiali, difende il ruolo del disegno, in quella connessione creatrice che sussiste tra la mano e la mente. È lo schizzo l’ultimo e irrinunciabile atto iniziatico[5] da compiere con le mani per varcare le soglie della creazione architettonica, una promessa per l’esperienza del progetto.  Recensione di Tiziano De Venuto



[1] Gianni Contessi, “Nulla dies sine linea”, in Franco Purini, Una lezione sul disegno, a cura di F. Cervellini e R. Partenope, con un saggio di G. Contessi, Gangemi, Roma 1996, pp. 17-28.
[2] Ivi, p. 33.
[3] Ibidem
[4] Byunh-Chul Han, La società della trasparenza, Nottetempo, Milano 2014, p. 56.
[5] Purini, op. cit., p. 41.



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2021 - Published by Thymos Books
ISSN  2785-0293