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︎︎︎             Biblioteca STOÀ                                         STOÀ 3. Renderings




The Architecture Machine: The Role of Computers in Architecture
a cura di Teresa Fankhänel, Andres Lepik

2020



Macchine per l’architettura



Nel corso degli ultimi cinquant’anni l’architettura e le discipline a essa connesse sono state profondamente modificate dall’avvento delle scienze informatiche e del calcolatore elettronico. Risulta difficile, ad oggi, immaginare il lavoro dell’architetto senza il computer, tool ormai addomesticato – tranne che per alcune sacche di resistenza anacronistiche e ideologicamente coinvolte nella battaglia immateriale contro la già superata svolta digitale – che ha perduto il suo valore di novità per entrare a far parte dello strumentario di base necessario al processo di progetto. Il volume The Architecture Machine. The Role of Computers in Architecture (Birkhäuser, 2020), pubblicato in occasione di una mostra tenutasi dal 14 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021 presso l’Architekturmuseum della TU München a cura di Teresa Fankhänel e Andres Lepik, rappresenta uno tra i pochi testi attualmente disponibili ad analizzare il ruolo dei computer in architettura con uno sguardo retrospettivo, individuandone origini, permanenze e conseguenze sul presente lungo un arco temporale di circa cinquant’anni, strutturandone una genealogia ragionata utile per ricostruire un fenomeno non sufficientemente approfondito e che soltanto da qualche anno ha assunto valore documentale tale da definire un proprio campo storiografico e una sua archeologia[1].
Dopo aver sottolineato la pervasività dell’informatica nella produzione professionale e teorica dell’architettura (AI, BIM, immagini digitali) nell’introduzione, Lepik si chiede se in un prossimo futuro i computer si approprieranno degli ultimi spazi residui in cui l’architetto può fare a meno della loro presenza; la risposta a tale interrogativo va ricercata, propone, indagando il fenomeno secondo una prospettiva storica e individuando – finalmente – un ambito d’indagine distinto, con specifiche modalità di ricerca[2]. Assumendo come dato di fatto che il computer è riuscito effettivamente a cambiare i modi di pensare e produrre architettura, la domanda a cui questo libro tenta di rispondere è di quanto e, soprattutto, di come ciò sia stato nei decenni argine delle digital turn[3] attraverso una collettanea di saggi di architetti e docenti autorevoli oltre a trentacinque casi studio corredati da descrizioni e immagini.
L’utilizzo del personal computer, e la non immediata comprensione (da parte degli addetti ai lavori) e percezione (da chi li osserva più da lontano) delle sue potenzialità è esplicitata nei diversi titoli dei capitoli in cui The Architecture Machine è suddiviso, testimoni delle esplorazioni più o meno casuali[4] che l’utilizzo del computer ha ispirato: il computer come macchina per disegnareas a Drawing Machine», per la computazione e la notazione), come strumento di progettoas a Design Tool», ovvero come generatore di forme), comemezzo per la narrazioneas a Medium for Storytelling», inteso come produttore di diversi media tra cui immagini, collage, renderings), e come piattaforma interattivaas an Interactive Platform», teso alla costruzione di una comunità d’intenti intorno al mezzo informatico).
Tra i casi studio sono presenti nomi molto noti del panorama architettonico internazionale insieme a esperienze progettuali meno conosciute. Nel primo capitolo, tra i vari esempi, i Plotter Drawings di Günter Günschel emergono come sperimentazioni progettuali che si traducono in linee wireframe stampate come disegni astratti. A dimostrare l’utilizzo del pc come strumento di supporto al progetto, la serie di pattern generati digitalmente per le facciate dell’edificio O-14 di Jesse Reiser e Nanako Umemoto che evidenziano il progressivo avvicinamento alla configurazione formale desiderata in un processo in cui gli architetti sono intervenuti di volta in volta – analogicamente – nel processo generativo destinato alla macchina, per produrre ulteriori variazioni. Nel terzo capitolo, le possibilità aperte dall’utilizzo del computer per la comunicazione del progetto principalmente tramite la costruzione di immagini vengono descritte attraverso esperienze eterogenee, come gli esperimenti di Donald P. Greenberg alla Cornell University nella navigazione di modelli tridimensionali su schermo o l’approccio professionale ai renderings di Skidmore, Owings & Merrill, che in 9 Cities hanno prodotto immagini tridimensionale dei propri progetti iconici in nove differenti sedi dello studio. Il rendering evolve così come aspirazione a diminuire il più possibile i gradi di scarto tra la realtà immaginata del progetto e la sua immediata comunicazione a un pubblico più ampio, accorciando di fatto lo scarto d’immaginazione che modelli e disegni bidimensionali richiedono. Il quarto capitolo chiude su questi temi, individuando nel computer uno strumento per la creazione di un ambiente immersivo e interattivo: è il caso del Guggenheim Virtual Museum di Asymptote Architecture, traduzione dello spazio fisico del museo in spazio virtuale, accessibile sul web. Di grande utilità, oltre ai casi di studio, le tre Architectural Software Timelines presenti in appendice, che ripercorrono i progressi informatici nel disegno e nella modellazione, nel rendering e nell'animazione, nello scripting e nell'analisi, attraverso i software utilizzati per il loro sviluppo: linee del tempo a intensità crescente che si intrecciano a costruire una genealogia di strumenti e quindi di tecniche che costituiscono ormai assunti di base della pratica odierna dell’architettura, nella professione, nell’insegnamento e nella ricerca.
Dalla lettura diThe Architecture Machine. The Role of Computers in Architecture emerge con forza quanto il computer abbia storicamente rappresentato, per i pionieri del digitale, un mezzo per accedere a inediti livelli di conoscenza e di produzione culturale e quanto possegga ancora oggi un valore strumentale non del tutto sfruttato. Come lenti magnificatrici sul mondo, il computer ha dimostrato di possedere un suo statuto ontologico, con sue regole di gestione e traiettorie di sviluppo, da comprendere e governare con consapevolezza. Recensione di Luigiemanuele Amabile



[1] Si vedano la serie di mostre i rispettivi cataloghi Archaeology of the Digital, a cura di Greg Lynn, tenutesi dal 2015 al CCA Canadian Centre for Architecture.
[2] Andres Lepik, Foreword, in The Architecture Machine, Birkhäuser, Basilea 2020, p. 12; Teresa Fankhänel,Introduction. Computer and Architecture¸ in Ivi, p. 14. Lepik sottolinea come le case produttrici di software di supporto al progetto non possiedono archivi da poter consultare. Più avanti, Teresa Fankhänel descrive come la ricerca archivistica di media digitali sia invece strettamente legata alla comprensione e allo studio dei software, «mezzi non neutrali». La questione fu sollevata anche da Greg Lynn che, nell’organizzare le mostre Archaology of the Digital, lamentò la difficoltà di archiviare e gestire file di lavoro obsoleti, non più accessibile con le macchine odierne.
[3] Cfr Mario Carpo, The Digital Turn in Architecture 1992-2012, John Wiley & Sons, Chichester 2012.
[4] Cfr. Greg Lynn, Luigiemanuele Amabile, Alberto Geuna, “La didattica della patate” in «Stoà Journal», n° 4, 2022.



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2021 - Published by Thymos Books
ISSN  2785-0293