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STOÀ
STOÀ 4. Esercizi
Specie di Spazi
Georges Perec
1974
Esercizi di consapevolezza
spaziale
Specie di spazi si apre con un contorno quadrato disegnato al centro della prima pagina, e una didascalia, che ne spiega il significato: la Carta dell’oceano, da La caccia allo snark di Lewis Carroll. L’introduzione è spiazzante, quanto il suo immediato proseguimento: una lista, quasi graficamente disegnata nel foglio, di locuzioni in cui è presente la parola spazio, tutte allineate, riga per riga, a partire da questa parola, in posizione sempre centrale. Se da un lato questo incipit disorienta il lettore, eliminando un rassicurante testo all’apertura del volume, riconoscibile secondo un determinato genere letterario e scritto lungo le sue pagine, dall’altro assurge la funzione esattamente opposta: fornire fin dal principio due coordinate fondamentali con cui affrontare la lettura. La prima, relativa al quadrato che non racchiude alcuna immagine, vuole definire lo spazio non per il suo contenuto, ma attraverso i suoi limiti. La seconda, con l’elenco dei tipi di spazio, evidenzia la sua natura molteplice, che consente di inanellarne tante specie diverse, a partire dal lemma originario.
Georges Perec è stato uno scrittore sperimentatore, membro dell’OuLiPo - Ouvroir de Littérature Potentielle (Officina di Letteratura Potenziale), un gruppo letterario fondato nel 1960, che raggruppa intellettuali tra la letteratura e la matematica. Tra le attività principali del gruppo vi è la formulazione di vincoli da applicare al testo e la definizione di metodi di scrittura per la produzione di componimenti letterari. In quest’ottica Specie di spazipotrebbe essere letto anche, per esempio, secondo la teoria matematica degli insiemi, considerando quindi i riferimenti iniziali come dati del problema matematico che ci si pone davanti. Un problema che ruota attorno alla definizione di spazio e alla sua circoscrizione.
Difatti, superata l’apertura non canonica, il libro procede in maniera più tradizionale, facendo susseguire fra loro una serie di paragrafi – inframmezzati tuttavia da giochi di parole e di scrittura – il primo dei quali è una prefazione, o meglio un’avvertenza, in grado di definire il problema. «L’oggetto di questo libro non è esattamente il vuoto, sarebbe piuttosto quello che vi è intorno, o dentro. All’inizio, insomma, non c’è un gran che: il nulla, l’impalpabile, il praticamente immateriale: c’è la distesa, l’esterno, quello che ci è esterno, ciò in mezzo a cui ci spostiamo, l’ambiente, lo spazio tutt’intorno. Lo spazio»[1]. Afferrare l’inafferrabile, raccontare dello spazio, entità che intuitivamente si conosce e percepisce, ma che risulta difficile ingabbiare in una definizione univoca e universale, è ciò che induce Perec a procedere alla sua suddivisione. Affronta lo spazio pezzo per pezzo, partendo da un elemento singolo e poi, concentricamente, aumentando il raggio di analisi, un sottoinsieme alla volta. Ogni paragrafo ci guida quindi in un frammento di spazio partendo dall’atomo, che in questa narrazione diventa monade della definizione di ambito individuale: il letto. Da qui il lettore è accompagnato in dimensioni spaziali sempre più vaste, dalla camera, alla casa, alla città, al Paese, e poi verso un insieme sempre più avvolgente, fino alla «conquista dello spazio»[2].
La definizione di spazio continua a sfuggire come enunciato – inteso come sequenza singola e coerente di parole – tuttavia viene disegnata lungo il testo, e i frammenti digressivi che vi si interpongono, attraversano il modo in cui questo viene vissuto. La vita nello spazio, non è solo statica, ma anche in movimento, ed è scandita dal tempo, o dalle relazioni – con altri individui o con le cose – che si intessono in esso.
Il libro nella sua interezza è un esercizio. È un esercizio matematico, di giustapposizione di dati e dello svolgimento di un problema sullo spazio come concetto; è la rappresentazione di uno spazio, attraverso i fogli delle sue pagine, su cui fluttuano tracce diverse composte da testi e lettere, ma non solo. Il libro è una potenziale guida sia ai passaggi di spazio, sia soprattutto all’assunzione di consapevolezza dell’essere nello spazio; che al di là della sua definizione resta inscindibilmente legato a chi lo abita. Recensione di Nicoletta Faccitondo
[1] Georges Perec, Specie di spazi, Bollati Boringhieri, Torino 1989, p. 11.
[2] Ivi, p. 104.