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STOÀ
STOÀ 2. Disegni
La realtà dell’immagine. Disegni di architettura nel
ventesimo secolo
Vittorio Magnago Lampugnani
1982
Una storia disegnata dell’architettura del Novecento
La realtà dell’immagine. Disegni di architettura nel ventesimo secolo di Vittorio Magnago Lampugnani è l’esito di un’accurata e ragionata sintesi che non ha la pretesa di essere esaustiva del tema che è capace di delinearne una traiettoria; un volume che raccoglie una sequenza di immagini, che investiga e mette insieme le varietà di significati che il disegno, come strumento di esplorazione architettonica, ha avuto nello sviluppo della disciplina architettonica dello scorso secolo.
I disegni sono a tutti gli effetti – come scrive nella prefazione Lampugnani – strumenti capaci di conservare «intatti i pensieri architettonici» e dare «la possibilità di salvare molto di quel che altrimenti si perderebbe nel consumismo architettonico»[1]. L’autore elabora una riflessione che riassume, attraverso un’inevitabile selezione critica, i disegni di alcuni tra gli architetti che hanno inciso in maniera significativa nel contesto architettonico del Novecento. Le opere raccolte sono, infatti, una collezione di disegni utopici e opere realizzate, progetti e ricerche sperimentali che si servono di questo strumento di rappresentazione per significare, in maniera incisiva, il pensiero che è alla base del processo del progetto e per comunicare, proprio attraverso il segno, un preciso messaggio sull’architettura. Frank Lloyd Wright, Eero Saarinen, Bruno Taut, Paolo Soleri, Tony Garnier, Richard Buckminster Fuller, Norman Foster, Micheal Graves, Aldo Rossi – solo per citarne alcuni – mettono in scena, con il disegno, il panorama dell’architettura del Novecento, espressione di una ricca e densa variazione di segni e significati.
Il libro è strutturato da una breve premessa, un frammento di storia critica che sintetizza le complesse vicende culturali che sono alla base del contesto sociale di quelle stesse architetture rappresentate e da una parte dedicata interamente ai disegni, che costituisce il principale corpo del libro. Le sei raccolte di disegni – Il mito della natura come modello; Lo scoppio dell’espressione soggettiva; L’estetica della ragione; La fascinazione della tecnologia; L’ambiguità della tradizione – sono precedute da brevi estratti in cui ognuno degli autori selezionati racconta una propria storia disegnata dell’architettura, dagli anni Dieci del Novecento fino agli anni Ottanta. I disegni descrivono uno scenario articolato: dalle rappresentazioni più evocative di un mondo naturale, reinterpretato in una visione più moderna, alle precise e asciutte assonometrie degli architetti del De Stijl; dalle energiche tracce espressioniste ai tratti eleganti di Ridolfi, che evocano una forma di disegno più tradizionale; dalle architetture iper-disegnate degli Archigram fino alle composizioni di Aldo Rossi.
In questa antologia emerge un’operazione utile a sintetizzare, fare ordine e motivare la selezione – non sempre cronologica – dei disegni raccolti. Una sequenza di eventi, cambiamenti e passaggi che hanno influenzato e segnato l’architettura nazionale e internazionale raccontata per immagini, o meglio attraverso i disegni. Questi, più di ogni altro strumento di rappresentazione o atto di traduzione di un’idea in una realtà costruita, rappresentano un dispositivo dell’architettura capace di manifestare le forme più pure della creatività del pensiero, sono il luogo in cui «le visioni, non svilite da compromessi, si dispiegano più libere»[2]. I disegni – restituiti in molteplici forme grafiche e svariati supporti materici – sono espressione della genesi del processo progettuale che, a partire dalla restituzione dell’idea primordiale si dispiegano in forme di affinamento del pensiero del progetto. Disegnate per essere costruite o consapevoli della propria irrealizzabilità, ognuna delle opere presentata esprime la consapevolezza di lasciare un segno, attraverso la forma di linguaggio a essa più confacente, nel corpus della disciplina architettonica. Recensione di Marianna Ascolese
[1] Ivi, p. 6.
[2] Ibidem.